04/09/2015

Aborto: la nuova via di Papa Francesco

Fonte: L'Indro del 3 settembre 2015 -Lo scorso 1° settembre Papa Francesco ha comunicato: «ho deciso di concedere a tutti i sacerdoti per l’Anno Giubilare la facoltà di assolvere dal peccato di aborto quanti lo hanno procurato e pentiti di cuore ne chiedono il perdono». Giannino Piana e Tonino Cantelmi sui risvolti morali e politici della decisione di Francesco. Tonino Cantelmi spiega che l'IVG rappresenta comunque un forte trauma "La natura traumatizzante è legata ai meccanismi di attaccamento già in atto tra madre e nascituro".... "La decisione di Francesco non è di per sé totalmente innovativa sul piano dottrinale, ma è rivoluzionaria nella sua semplicità e in quell’azione di abbattimento delle ‘dogane’ spirituali che hanno afflitto la Chiesa”.

di Maria Chiara Strappaveccia Il codice di diritto canonico (al cannone 1398), prevede, per il procurato aborto, la scomunica ‘latae sententiae’ (automaticamente) per la donna, per chi la induce ad abortire e per chi pratica o coopera all’aborto. L’aborto rientra nel grande capitolo dei ‘delitti contro la vita e la libertà dell’uomo’ e si tratta di un peccato che può essere assolto solo dal vescovo o da alcuni sacerdoti da lui delegati, in rare circostanze o occasioni particolari il vescovo può conferire a tutti i sacerdoti della loro diocesi questa facoltà. Lo scorso 1° settembre, in una lettera indirizzata al Presidente del Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione, Monsignor Rino Fisichella, Papa Francesco ha comunicato: «ho deciso, nonostante qualsiasi cosa in contrario, di concedere a tutti i sacerdoti per l’Anno Giubilare la facoltà di assolvere dal peccato di aborto quanti lo hanno procurato e pentiti di cuore ne chiedono il perdono». Sulla condanna morale dell’aborto in sé, ci dice il teologo Giannino Piana, docente di Etica Cristiana presso la Libera Università di Urbino ed Etica ed Economia presso l’Università di Torino, e già Presidente dell’Associazione Italiana dei Teologi Moralisti, “credo che la Chiesa non possa transigere. Diverso è, invece, il giudizio sulla persona che abortisce, anche perché diverse sono le motivazioni del ricorso ad esso”. L’atto del Papa, prosegue Piana, “è pienamente in linea con la scelta da lui fatta di porre al centro del prossimo giubileo il tema della misericordia. Ma corrisponde, più radicalmente, a una visione di fondo del cristianesimo e della Chiesa, che Papa Francesco non manca di esternare, imperniata sull’attenzione alla condizione creaturale dell’uomo, dunque alla precarietà e alla debolezza che connota (e non può che connotare) il suo agire, nonché sul bisogno di sentirsi compreso ed accolto nei propri limiti. La decisione del Papa è, dunque, perfettamente coerente con la linea di condotta che, fin dall’inizio del suo pontificato, ha espresso; una linea che tende a coniugare la radicalità evangelica - Papa Francesco non rinuncia certo a richiamare l’ideale di perfezione- con la capacità di piegarsi sulla fragilità umana”. Infatti, Papa Bergoglio nella lettera a Fisichella, è preoccupato della sollecitudine che ai confessori sarà necessaria: «I sacerdoti si preparino a questo grande compito sapendo coniugare parole di genuina accoglienza con una riflessione che aiuti a comprendere il peccato commesso, e indicare un percorso di conversione autentica per giungere a cogliere il vero e generoso perdono del Padre che tutto rinnova con la sua presenza». E’ “inaccettabile alimentare il sentimento di colpevolezza”, prosegue Piana, “normalmente già acuto, con la durezza di minacce, che non lasciano alcuno spazio alla comprensione della persona e al lieto annuncio del perdono divino. L’aborto è, nella maggior parte dei casi, vissuto dalla donna come un fatto traumatico”. L’esperienza abortiva, infatti, come ci spiega il professor Tonino Cantelmi, noto psicoterapeuta che ha fondato la prima Scuola di Specializzazione in Psicoterapia ad orientamento Cognitivo-Interpersonale in Italia e Dirigente Psichiatra per il Servizio Sanitario Nazionale dal 1995, “in tutte le sue forme, è traumatizzante. La natura traumatizzante è legata ai meccanismi di attaccamento già in atto tra madre e nascituro. La maggior parte delle donne che si accinge ad abortire è ambivalente rispetto all’atto che sta compiendo, e una donna su tre, dopo aver abortito, dichiara, secondo alcuni studi, che se potesse rivedere la sua scelta non lo farebbe. E’ in questo combinarsi di attaccamento e di ambivalenza che si va a costruire la natura traumatica dell’IVG, l’interruzione volontaria di gravidanza. Per tanto la cosiddetta sindrome post-aborto oggi andrebbe più correttamente inquadrata, nella maggior parte dei casi, nel Disturbo Post-Traumatico. Su questo punto sembrano convergere i tanti studi disponibili”. La lettera di Papa Francesco, è, dunque, come dice Luigi Accattoli su ‘Il Corriere della Sera’ del 2 settembre 2015, «nel segno dell’avvicinamento della Chiesa all’umanità tribolata». Non intacca la gravità del peccato, che rimane tal quale nella morale cristiana, ma colloca il Giubileo in uno scenario di comprensione del peccatore e di vicinanza assoluta a chi soffre. “Nella lettera il Papa fa riferimento proprio alla ‘cicatrice’ che la donna porta nel cuore per una scelta sicuramente sofferta”, prosegue Cantelmi. “Insomma, spinge i preti ad essere autentici facilitatori della Grazia e non oscuri burocrati dei sacramenti. In questo senso trovo che la decisione di Francesco non sia di per sé totalmente innovativa sul piano dottrinale (già i vescovi potevano concedere ai preti la facoltà di assolvere da questo peccato), ma è rivoluzionaria nella sua semplicità e in quell’azione di abbattimento delle ‘dogane’ spirituali che hanno afflitto la Chiesa”. La riflessione etica cristiana ha faticato, in passato, a fare proprio il modello espresso da Francesco con questa decisione: “si oscillava, infatti, tra un rigorismo legalistico, che ha allontanato dalla Chiesa molti fedeli, e una indulgenza rinunciataria, che finiva per offuscare la bellezza del messaggio cristiano”, afferma Piana. Sull’aborto, infatti, pesavano secoli di cultura morale, dall’ebraismo al cristianesimo, nel corso dei quali spesso la difesa della vita si è confusa in moralismo fine a se stesso. La fede ebraica è stata sempre generalmente contraria a infanticidio ed aborto, condannando i non ebrei per la diffusione di queste pratiche. Il Nuovo Testamento non contiene alcun riferimento esplicito a questo tema, dalle fonti cristiano come la Didaché (fine I° sec.), emerge, però, un rifiuto nei confronti dell’aborto per l’uccisione in esso insita. Tertulliano (150-300 d.C.) scrive: «Nemmeno l’embrione nel corpo della donna […] può essere distrutto. Vi è omicidio anticipato quando si impedisce una nascita. Un essere umano è già tale nella fase in cui lo sta divenendo, al pari di ogni frutto che è già contenuto nel suo seme». Nel Sinodo di Elvira (300-313 d.C.) e nel Concilio di Ancira (314 d.C.) si condannò esplicitamente la pratica abortiva, cosa che fece anche San Basilio Magno (330-379 d.C.). Sant’Agostino, in ‘Manuale sulla fede, speranza e carità’ (421 d.C.), afferma essere «individui viventi quei feti, estratti completamente smembrati dall’utero di donne incinte, per evitare, che rimanendovi ormai morti, finiscano per uccidere anche le madri […]non riesco ad immaginare come costui possa essere escluso dalla risurrezione dei morti». San Tommaso d’Aquino aderì invece alla riflessione sull’epigenismo (l’aborto non è un crimine, ma violazione del diritto naturale), ispirato da Aristotele, anche non consci che col concepimento degli zigoti inizia l’esistenza di un organismo come nuovo essere umano unico e irripetibile. Con la Decretum Gratiani (1140) e fino al 1869 il diritto canonico cattolico distinse tra feto “inanimato” e feto “animato”, distinzione poi abolita da Papa Pio IX nel 1869, l’anima esiste già al momento del concepimento. Il Vaticano II ha rappresentato una vera svolta: “il dialogo della Chiesa con il mondo non poteva che includere anche l’adesione a una concezione positiva del corpo e della sessualità, che ha tuttavia trovato (e trova tuttora) difficoltà a tradursi in decisioni coerenti sul terreno etico e pastorale. Molto cammino rimane ancora da compiere, e a in questo senso la decisione del Papa rappresenta uno scossone salutare, una forte sollecitazione a procedere sulla strada tracciata dal Concilio”. E’ difficile dire, sostiene Piana, “quali siano oggi le posizioni presenti nella Chiesa (o nelle Chiese)”, per tanto dire se la decisione del Papa esprima una posizione condivisa della Chiesa nel suo insieme oppure se Francesco ha fatto un balzo in avanti che lo porterà a dover gestire una opposizione importante. “Il prossimo Sinodo sulla famiglia potrà (forse) fornire qualche indicazione più precisa. Esiste, senza dubbio, un’opposizione piuttosto ampia agli indirizzi pastorali del Papa, a partire da membri eminenti della stessa Curia romana. Credo, però, che nelle comunità cristiane e, in larga misura, nell’animo degli stessi sacerdoti che vivono da vicino le situazioni difficili di molti fedeli, si esprima consenso e gratitudine nei confronti dell’opera di Papa Francesco, che ha restituito alla Chiesa una credibilità che sembrava avere perduto”. Circa le ripercussioni di questa decisione sui lavori del prossimo Sinodo sulla famiglia, secondo Piana, “non è facilmente definibile”. L’autorevolezza di cui gode il Papa e il suo magistero nell’ambito della Chiesa cattolica “è senz’altro assai alta. Questo non toglie che l’opposizione si faccia sentire, anche perché il Papa stesso ha sempre sollecitato un confronto franco e sincero con tutti”. L’altro aspetto sul quale la decisione del Papa potenzialmente potrebbe pesare assai, è quello politico. L’aborto è un fatto ‘politico’ fin dall’alba della storia -equiparato all’eugenetica e alla selezione della specie migliore. Basta solo ricordare che la prima volta che venne legalizzato fu sotto la dittatura dell’Unione Sovietica, seguita dalla Germania nazista e dalla Cina comunista-, e dagli anni ’70 ha infuocato e diviso le coscienze e la politica italiana. Il Papa, ci dice Piana, “ha manifestato più volte la propria volontà di tenere distinto il giudizio etico da quello sulla legislazione civile, dove in gioco, in una società democratica e pluralista come l’attuale, è l’etica pubblica, i cui parametri vanno rintracciati attraverso una confronto aperto tra le diverse concezioni ideologiche, culturali e religiose presenti nella società. Questa distinzione vale anche per la legislazione volta a regolamentare sul terreno civile l’aborto. Il che non significa rinuncia a proporre nel dibattito anche la posizione della Chiesa (e delle Chiese), purché venga razionalmente argomentata e vi sia la disponibilità ad accettare l’esito della ricerca comune. Le conferenze episcopali nazionali non possono evitare di fare propria questa linea di condotta: ne va del rispetto dell’autonomia della sfera sociale e politica e, più in generale, delle realtà terrene. L’atteggiamento di Papa Francesco, che non rinuncia certo a considerare l’aborto un atto, sul piano morale, gravemente negativo, ma suggerisce una maggiore comprensione della drammaticità di alcune situazioni e l’esigenza di tener conto della complessità dei problemi inerenti la regolazione civile di tale pratica, penso non potrà che influire anche sulle prese di posizione delle diverse conferenze episcopali”. Altra cosa è quale conseguenze avrà tale pronunciamento all’interno delle forze politiche d’ispirazione cattolica italiane, in particolare nelle frange più ‘fondamentaliste’ che siedono in Parlamento. “Non so dire sinceramente quali riflessi possano avere gli interventi di Papa Francesco sulla politica italiana”, afferma Piana. “Qualcosa si potrà vedere in occasione della prossima discussione parlamentare sulla legge relativa alle unioni omosessuali. Sul terreno ecclesiale qualcosa è, invece, già avvenuto: la non partecipazione ufficiale della Cei all’ultimo Family Day è un importante segnale di cambiamento”. La discussione sulla legislazione civile circa la regolamentazione dell’aborto, continua Piana, “non dovrebbe vedere schierata la gerarchia cattolica. Spetta, semmai, ai laici cattolici, a partire anche dalle loro convinzioni morali ispirate alla visione cristiana della vita, valutare concretamente quale dispositivi legislativi introdurre in un confronto aperto con le posizioni dei vari gruppi sociali. Non bisogna, poi, dimenticare che la legge ha una funzione pragmatica, e non può per questo proporsi semplicemente di tutelare in astratto i valori, ma deve preoccuparsi di tutelare le persone nella concretezza delle situazioni, garantendo condizioni di sicurezza e evitando le conseguenze peggiori”. E su questo aspetto specifico di ‘tutela’ della salute fisica e mentale del cittadino ‘donna’ che ha scelto di abortire ci sarebbe molto da fare e per farlo correttamente alla base serve, appunto, la sollecitudine e la ‘laicità morale’ che vengono dal pronunciamento di Francesco. Nel dicembre 2011, ci spiega Tonino Cantelmi, il ‘British Journal of Psychiatry’ ha presentato un nuovo studio, ad oggi la più grande stima quantitativa dei rischi per la salute mentale associati all’aborto disponibile nella letteratura mondiale. Il campione della metanalisi ha compreso 22 studi e 877.181 partecipanti. Lo studio ha concluso “che le donne che hanno subito un aborto presentano un rischio maggiore dell’81% di avere problemi di salute mentale e quasi il 10% di incidenza di problemi di salute mentale ha dimostrato di essere direttamente attribuibile all’aborto”. I ricercatori si augurano che queste informazioni vengano fornite alle donne in procinto di abortire. E’ quanto sollecita Cantelmi: “Se, dunque, l’IVG è un fattore di rischio per la salute mentale delle donne, e per l’appunto lo è, allora ci sono due conseguenze. La prima: le donne che si accingono a praticare una IVG debbono conoscere questi dati, altrimenti il consenso che esprimono è un consenso affatto informato”. In Italia, oggi, ci conferma Cantelmi nel suo ruolo di Dirigente Psichiatra per il Servizio Sanitario Nazionale dal 1995, in tutti i luoghi dove si pratica l’aborto viene violato proprio quanto sancito dalla legge 194: l’obbligo ‘forte’ di informare correttamente la donna sulle conseguenze dell’IVG. “Occorre farsi carico di questo problema, e assicurare alle donne che hanno abortito una reale assistenza psicologica anche dopo l’aborto. Dunque luoghi di cura e di accoglienza, operatori competenti sui disturbi psichici correlati all’IVG e percorsi assistenziali specifici”. Prevenzione, attraverso la preventiva corretta e completa informazione, e, successivamente all’evento traumatico, assistenza psicologica è un fatto “doveroso”, dice Cantelmi, “tra le macerie dello strabismo ideologico che ha caratterizzato gli anni passati, giace una grave ingiustizia: alcune forme di sofferenza hanno ascolto, perché politically correct, e altre no. Tra quest’ultime le donne con disagio psichico IVG-correlato. Si tratta di dare voce a questo disagio, rompe il totem dell’aborto”. La decisione di Francesco potrebbe ‘rompere’ il cristallo che protegge lo strabismo ideologico di tutti i fondamentalismi ‘pro’ e ‘contro’ l’aborto legale. La funzione della Chiesa, afferma Giannino Piana, “è, sul piano morale (che non costituisce peraltro l’aspetto più importante dell’annuncio evangelico, il quale ha anzitutto per oggetto la fede in Gesù Cristo), quella di richiamare costantemente l’attenzione sull’ideale evangelico, contenuto nel discorso della montagna. Le ‘beatitudini’ e i ‘ma io vi dico’ sono per chi vuole porsi alla sequela di Gesù un riferimento obbligato, la regola fondamentale della propria condotta. L’obiettivo della ‘perfezione del Padre’   – «Siate prefetti come è perfetto il Padre vostro che è nei cieli»- non deve essere, tuttavia, concepito come una norma chiusa, che finisce per diventare paralizzante, ma come sollecitazione a prendere costantemente coscienza della distanza tra ciò cui si è chiamati è ciò che si è, non chiudendosi in se stessi, come avviene quando ci si abbandona al sentimento di colpevolezza, ma aprendosi al dono della grazia, frutto della misericordia di un Dio che è amore e perdono infinito”. Fonte: L'Indro