30/07/2018

L’educazione nell’era del Web

Fonte: RomaSette del 22/07/2018

Rubrica Pianeta Giovani a cura di Tonino Cantelmi

Un padre, alcuni anni fa, esasperato dal figlio 23enne sempre immerso in videogiochi online (anzi un vero genio: il suo avatar era praticamente imbattibile), decise di uccidere digitalmente il figlio e assoldò dei tecnokiller che avrebbero dovuto assassinare l’avatar del figlio. Ma il ragazzo, purtroppo per il padre, battè i killer e li costrinse a confessare. La notizia comparve sui giornali di tutto il mondo e ci strappò un sorriso amaro. Sembrava un fatto raro e curioso. E invece oggi quanti genitori vivono uno stato di confusione e di disorientamento e non sanno proprio come regolarsi di fronte ai figli “nativi digitali”? Che fare se nostro figlio studia mentre manda sms, scarica post e controlla Facebook? Possiamo essere orgogliosi se il nostro bimbo di 1 anno sa già utilizzare il tablet (eh sì! accade frequentemente che bimbi ancora in età prescolare, di 1 o 2 anni, utilizzino tablet e tecnologia touch con incredibile capacità) oppure dobbiamo dare retta a quel vago senso di inquietudine che ci pervade mentre ingrandisce con le dita le foto del tablet? Come parlare al figlio adolescente che sta immerso in chat e social fino alle due di notte? E che dire di fenomeni agghiaccianti come il sexting che sembra tanto piacere ai nostri figli? Diciamoci la verità: la rivoluzione digitale sembra essere alla base di una sorta di mutazione antropologica e noi genitori non ce ne siamo accorti: per questo ho definito gli adulti di oggi “generazione–di–mezzo” (affascinati dalla tecnologia ed alti utilizzatori della stessa, ma dotati di un sistema mente–cervello predigitale e figli di una generazione pre digitale oggi in estinzione, insomma immigrati digitali che abitano un mondo non loro) e i bambini di oggi “nativi–digitali” (cresciuti cioè in costanti immersioni telematiche attraverso i videogiochi, il cellulare, il computer, i social e pertanto dotati di nuove organizzazioni cognitive–emotive e forse di un cervello diverso). Chi sono dunque i “nativi digitali”?. I nativi digitali imparano subito a manipolare parti di sé nel virtuale attraverso i personaggi dei videogiochi, sviluppano ampie abilità visuospaziali grazie ad un apprendimento prevalentemente percettivo, non sviluppano adeguate capacità simboliche (insomma, sono molto abili e forse piuttosto superficiali), utilizzano il cervello in modalità, sono abilissimi nel rappresentare le emozioni (attraverso la tecnomediazione della relazione e le abbuffate di social), un po’ meno nel viverle (anzi apprendono a scomporre l’esperienza emotiva e a viverla su due binari spesso non paralleli, quello dell’esperienza propria e quello della sua rappresentazione), sono meno abili nella relazione face–to–face, ma molto capaci nella relazione tecno mediata. Ecco perché il Sinodo sui (e dei) giovani di ottobre ha messo a tema anche il mondo web: anzi, di più, una parte del Sinodo sarà proprio socializzata e vissuta sul web!