21/12/2015
Ti prendo in moglie per sempre… anzi no - Tonino Cantelmi
 
    Costruire la casa del Noi, un cammino pieno di insidie per una coppia e  soprattutto per noi generazione del Terzo Millennio, inseriti in un  contesto di narcisismo e amicizie light a portata di click. Punto  famiglia riporta un articolo del Prof. Tonino Cantelmi.

“Esserci”, “esserci-con”, “esserci-per”:  questa è quella che possiamo definire la “progressione magnifica”, che  permette di partire da un Io (l’esserci), per passare ad un Tu  (l’“esserci-con”) e infine giungere ad un Noi (l’“esserci-per”),  dimensione ultima e sola che apre alla generatività, alla creatività ed  all’oblatività. In questa progressione però irrompono le formidabili  componenti della società tecnoliquida: il narcisismo e la sua forma  virale su base digitale, la tecnomediazione della relazione, l’amicizia  light, a portata di click, le relazioni virtuali nelle loro varie  declinazioni ambigue, l’ipersessualizzazione dell’infanzia e il  mostruoso incremento della cyberpornografia, la “gamizzazione” immersiva  (ogni attesa è invasa da giochi digitali e intere generazioni crescono  con i video games), la ricerca di emozioni forti, la velocità estrema.
Il punto di partenza della “progressione magnifica” dunque sarebbe  l’esserci, cioè l’identità. Ma cosa vuol dire “esserci” nella società  tecnoliquida? Le osservazioni condotte all’alba del terzo millennio, in  piena postmodernità tecnoliquida, ci inducono a ritenere che esserci  vuol dire oggi rinunciare ad una identità stabile, per entrare  nell’unica dimensione possibile: quella della liquidità, ovvero quella  dell’identità mutevole, difforme, dissociata e continuamente ambigua di  chi è e al tempo stesso non è.
In fondo la tecnologia digitale consente all’uomo e alla donna del terzo  millennio di essere senza vincoli, di tecnomediare la relazione senza  essere in relazione, di connettersi e di costruire legami liquidi,  mutevoli, cangianti e in ogni istante fragili, privi di sostanza e di  verifica, pronti ad essere interrotti. La crisi dell’identità maschile e  femminile, per esempio, ne è l’espressione più evidente. La crisi  dell’esserci ha una prima conseguenza. Se all’uomo d’oggi è precluso il  raggiungimento di una identità stabile, che si articola e si declina  nelle varie dimensioni, come in quella psicoaffettiva e psicosessuale,  la conseguenza prima è che l’“esserci-con” (per esempio la coppia)  assume nuove e multiformi manifestazioni. L’“esserci-con” non è più il  reciproco relazionarsi fra identità complementari (maschio-femmina per  esempio), sul quale costruire dimensioni progettuali nelle quali si  dispiegano legittime attese esistenziali, ma diviene l’occasionale  incontro tra bisogni individuali che vanno reciprocamente a soddisfarsi,  per un tempo minimo, al di là di impegni reciproci e di progetti che  superino l’istante. In altri termini oggi l’incontro tra due persone  sempre più spesso si basa sulla soddisfazione narcisistica, individuale e  direi solipsistica di un bisogno che incontra un altro bisogno,  altrettanto narcisistico, individuale e solipsistico. Questo incontro si  dispiega per un tempo limitato alla soddisfazione dei bisogni  individuali e l’emergere di nuovi e contrastanti bisogni determina  inevitabilmente la rottura del legame e la ricerca di nuovi incontri che  sempre più avvengono in Rete. La fragilità dell’“essere-con” dei nostri  tempi si evidenzia attraverso l’estrema debolezza dei legami affettivi,  che manifestano un’ampia instabilità ed una straordinaria  conflittualità. L’uomo del terzo millennio sembra rinunciare alla  possibilità di un futuro e sembra concentrasi sull’unica opzione  possibile, quella del presente occasionale, del momento, dell’istante.  Ecco dunque la crisi del legame “per sempre”, che accompagna  l’ineluttabile fragilità della relazione.
Fatalmente, il trionfo dell’ambiguità identitaria, la rinuncia al ruolo e  alla responsabilità che ne consegue, il ridursi dell’“esserci-con”  all’istante e al bisogno momentaneo e individuale, mina nelle sue  fondamenta l’“esserci-per”, cioè la dimensione generativa e oblativa  dell’uomo e della donna. Per esempio, se decliniamo tutto ciò  nell’ambito psicoaffettivo e psicosessuale, la rinuncia all’esserci  (identità sessuale e relativi ruoli) non può non trasmettersi in una  inevitabile mutazione critica della dimensione coniugale  (“esserci-con”), che a sua volta fa precipitare in una crisi senza  speranze la dimensione genitoriale (“esserci-per”). Infatti la  transizione al ruolo genitoriale sembra divenire oggi una sorta di  utopia: la rinuncia alla genitorialità o il suo semplice rimandarla nel  tempo sono un fenomeno sociale tipico dei nostri tempi. Eppure qualcosa  non funziona. Lo avvertiamo dall’incremento del disagio psichico, dal  sempre più pressante senso di smarrimento dell’uomo tecnoliquido, dalla  ricerca affannosa di vie brevi e immediate per la felicità, dall’aumento  del consumo di alcol e di stupefacenti negli stessi opulenti ragazzi  della società di Facebook, dall’affermarsi di una cupa cultura della  morte, dall’inquietante incremento dei suicidi, dal malessere diffuso.  Qualcosa dunque non funziona sia a livello individuale che  sociorelazionale: la liquidità dell’identità, con tutte le sue  conseguenze, non aumenta il senso di felicità dell’uomo contemporaneo.  Alcuni studi sul benessere fanno osservare che la felicità non è  correlata con l’incremento delle possibilità di scelta. Questi dati  fanno saltare una convinzione che sembrava imbattibile. La felicità  dunque non è correlata con l’incremento delle possibili scelte dell’uomo  (una visione ovviamente molto legata al capitalismo), ma gli stessi  studi correlano la felicità con il possedere invece un “criterio” per  scegliere. Avere un criterio per scegliere rimanda ad altro: avere  progetti, idee, identità. Ed ecco che il cerchio si chiude: il tema  della liquidità è sostanzialmente il tema della rinuncia ad avere  criteri, cioè dimensioni di senso ben definite. Ma questa rinuncia ha un  prezzo: l’infelicità. Ecco perché la “magnifica progressione”  dall’“esserci-con” all’“esserci-per”, e dunque il tendere al “per  sempre” mantiene anche oggi, e direi soprattutto oggi, un alto valore di  significato ed è persino affascinante, proprio per il suo portato  anti-liquidità. Costruire dimensioni identitarie e di senso, stabili e  non ambigue, instaurare relazioni solide e che si dispiegano lungo  progetti esistenziali che consentono l’apertura alla generatività e  all’oblatività, sono ancora, in ultima analisi, l’unico orizzonte di  speranza che si apre per l’uomo del terzo millennio, immerso nel cupo e  doloroso paradigma della tecnoliquidità.
Fonte: Punto Famiglia 

 
					







