23/03/2021

Genitore 1 e 2. Cantelmi: “Non mi spaventa, ma l’annullamento delle differenze è una perdita. Serve un serio dibattito sulla genitorialità”

Fonte: AgenSir del 22/03/2021

di Giovanna Pasqualin Traversa

“L’annullamento o l’appiattimento delle differenze non è un guadagno, ma una perdita”. Ne è convinto lo psichiatra Tonino Cantelmi, che commentando al Sir l’annunciata sostituzione della dicitura “padre” e “madre” su moduli e documenti con “genitore 1” e “genitore 2”, afferma: “Non mi spaventa”, ma “mi preme una seria riflessione sul senso dell’essere genitori oggi”. Lo psichiatra dice “no” a contrapposizioni ideologiche, ma anche al “pregiudizio” di chi rinnega decenni di evidenze sull’importanza delle figure del padre e della madre nel percorso di crescita e di costruzione dell’identità

Sulla carta di identità per i minori di 14 anni e sui moduli di iscrizione a scuola dei bambini verranno cancellati i nomi “madre” e “padre” per tornare alla dicitura “genitore 1” e “genitore 2“. Lo ha annunciato nei giorni scorsi la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese, anche se la sua segreteria ha precisato che nella bozza del decreto non c’è al momento alcun riferimento numerico. Niente “genitore 1 e 2” ma semplicemente “genitori” o “tutori” in caso di assenza dei primi. La dicitura “genitore 1” e “genitore 2” aveva già sostituito nel 2015, durante il Governo Renzi, il riferimento a padre e madre, ripristinato nel 2019 da Matteo Salvini, allora alla guida del Viminale.

Al di là delle motivazioni addotte dalla ministra Lamorgese (decisione imposta dal regolamento Ue e dalle richieste del Garante per la privacy), l’intenzione di voler eliminare ogni riferimento esplicito alle figure di padre e madre ha suscitato reazioni di segno opposto. Qualcuno la legge come un’ulteriore apertura alla teoria gender e un passo avanti verso il cosiddetto “pensiero unico” che non ammette opinioni diverse, come dimostrerebbero alcune reazioni al di sopra delle righe di cui è stato fatto oggetto in questi giorni un sacerdote da sempre vicino agli “ultimi”. Non si scompone invece lo psichiatra Tonino Cantelmi, professore di Cyberpsicologia presso l’Università europea di Roma e presidente dell’Associazione italiana psicologi e psichiatri cattolici (Aippc): “Non parlerei – dice al Sir – di dittatura del pensiero. Dietro questo tema credo vi sia molta sofferenza.
E’ una questione estremamente sensibile che dobbiamo, sì, valutare tenendo sempre al centro il bene della persona, ma anche accogliendo il dolore legato a probabili esperienze passate di discriminazione, dandogli significato”.

Anche “alcune reazioni eccessive e oggettivamente fuori luogo nei confronti di chi ha espresso parere negativo sull’introduzione delle nuove diciture vanno contestualizzate all’interno di storie di ferite da comportamenti discriminatori e/o violenti”. In altri termini, anziché soffermarsi sulla questione “pensiero unico”, per lo psichiatra “è preferibile riuscire a cogliere il senso di sofferenza insito in queste dinamiche, che diventa esso stessa violenza, generando ulteriori sofferenze e innescando così una spirale che non aiuta né la riflessione né il dibattito”.

Questo, avverte,“non è il tempo della contrapposizione, bensì dell’accoglienza, dello sforzo per comprendere e del dialogo”. Fatta questa premessa, “occorre però affermare con chiarezza che il negare decenni di studi e di evidenze sulla genitorialità e sul rapporto padre-madre-figli è frutto di pregiudizio”.

Per Cantelmi il dibattito deve imperniarsi sulle competenze genitoriali: “Quello che mi preme è una riflessione sul senso dell’essere genitori oggi. Non mi spaventa e non mi interessa la dicitura genitore 1 o genitore 2, oppure genitori anziché padre madre; mi importa invece che il dibattito si incentri sulla genitorialità. Occorre recuperare i tratti dell’essere genitore, gli aspetti materni e paterni in un confronto libero da aspetti ideologici e sterili contrapposizioni; non astratto ma focalizzato su aspetti concreti”.

Con un presupposto fondamentale: “L’annullamento o l’appiattimento delle differenze non è un guadagno, ma una perdita.

Questo è il punto centrale: ribadisco che incatenandosi in posizioni ideologiche si rischia di rinnegare decenni di ricerche autorevoli e di evidenze scientifiche sull’importanza delle figure del padre e della madre nel percorso di crescita e di costruzione dell’identità”.

Cantelmi va quindi con il pensiero alla Patris Corde pubblicata da Papa Francesco lo scorso 8 dicembre in occasione del 150° anniversario della dichiarazione di San Giuseppe patrono della Chiesa universale. “In quella Lettera apostolica scopriamo la bellezza dell’essere genitori, scopriamo un Giuseppe forte, riservato, tenero;
un formidabile modello di padre che scardina gli stereotipi del maschilismo e fa vedere quanto la riflessione della Chiesa sia molto più avanti della sterile polemica tra padre, madre, genitore 1 e genitore 2”.
Nei giorni scorsi ha fatto inoltre scalpore, in una trasmissione di Raiuno del primo pomeriggio, la rivisitazione in chiave “gender” di due celebri favole: La bella addormentata nel bosco (lesbica) e Pinocchio (ermafrodito). Anche qui lo psichiatra taglia corto: “Oggi viviamo in un periodo caratterizzato da una sorta di furia iconoclasta generalizzata. Distruggiamo tutto ciò che del passato facciamo in qualche modo fatica a comprendere: dai personaggi (di cui vandalizziamo le statue) alle opere d’arte, dai film alla letteratura. Questa furia iconoclasta, questo rivisitazionismo politically correct mi sembrano francamente ridicoli. Anche applicati alle favole che fanno parte della nostra tradizione e dei nostri modelli culturali”. Pur ribadendo l’importanza della distinzione tra maschile e femminile, Cantelmi invita i genitori “a non preoccuparsi, ma a preoccuparsi, piuttosto, di essere realmente genitori.
Il vero rischio non è una fiaba ‘rivisitata’, bensì la rinuncia alla genitorialità. Ben venga una bella riflessione su questo”.

Fonte: Agensir

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https://www.agensir.it/quotidiano/2021/3/22/favole-in-chiave-gender-cantelmi-il-vero-rischio-non-e-una-fiaba-rivisitata-ma-la-rinuncia-a-fare-i-genitori

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