12/04/2008

L’orientamento sessuale egodistonico (Catt. e Ps.) di T. Cantelmi - (4/8)

Cattolici e Psiche «L'orientamento sessuale egodistonico» di  Tonino Cantelmi Pubblicato su Psichiatri Oggi – aprile 2008, anno X, n. 2  psichiatri oggi logo

  L’omosessualità è stata introdotta come categoria diagnostica fin dalla prima edizione del 1952 del DSM (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders), il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali ad opera dell’America Psychiatric Association. E’ stata mantenuta come tale anche nella seconda edizione del 1968. In un documento approvato definitivamente nel dicembre del 1973 è stata proposta ed accettata la seguente modifica al DSM: “A proposal About Homosexuality and the APA Nomenclature: Homosexuality as One Form of Sexual Behavior and Sexual Orientation Disturbance as a Psychiatric Disorder”. Nell’edizione del 1974 del DSM-II l’omosessualità viene cancellata dai disturbi mentali ed è possibile trovarla esclusivamente come disturbo dell’orientamento sessuale relativamente al quale, sempre nello stesso documento, si può leggere: “This diagnostic category is distinguished from homosexuality, which by itself does not constitute a psychiatric disorder.” E ancora: “These individuals have a psychiatric condition by the criterion of subjective distress, whether or not they seek professional help. […] This is for individuals whose sexual interests are directed primarily toward people of the same sex and who are either bothered by, in conflict with, or wish to change their sexual orientation”. (American Psychiatric Association, 1973)           Le commissioni incaricate di redigere la versione successiva del DSM, in un lavoro che durò dal 1976 al 1978 e si concretizzò, nel 1980, nella pubblicazione del DSM-III, elaborarono la diagnosi di Omosessualità Egodistonica, così definita: (a) a persistent lack of heterosexual arousal, which the patient experienced as interfering with initiation or maintenance of wanted heterosexual relationships, e (b) persistent distress from a sustained pattern of unwanted homosexual arousal. Nella revisione alla terza versione pubblicata nel 1987 (DSM-III-R) fu eliminata anche la categoria di Omosessualità Egodistonica. Questo per più di un motivo: la diagnosi veniva usata raramente in ambito clinico ed erano presenti pochi articoli scientifici che utilizzavano tale concetto; esisteva già, tra i Disturbi Sessuali NAS, un disturbo descritto come “Persistente e intenso disagio riguardo all’orientamento sessuale” e mantenere una diagnosi separata per l’omosessualità veniva considerata una forma di stigmatizzazione, infine perché quasi tutte le persone omosessuali passano attraverso una fase nella quale vivono il loro orientamento sessuale in modo egodistonico. Nelle versioni successive del DSM (American Psychiatric Association, DSM-IV, 1994; American Psychiatric Association, DSM-IV-TR, 2000) è stata mantenuta, tra i Disturbi Sessuali NAS, la diagnosi che prevede un persistente ed intenso disagio collegato al proprio orientamento sessuale. Nella versione del 2007 dell’ICD (International Classification of Deseases), la classificazione ufficiale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, le patologie correlate all’orientamento sessuale sono incluse nella categoria “Disorders of adult personality and behaviour” nella sottocategoria “Psychological and behavioural disorders associated with sexual development and orientation”, all’interno della quale possiamo trovare, dopo la seguente nota “Sexual orientation by itself is not to be regarded as a disorder”, quanto segue: ·       F66.0 Sexual maturation disorder: The patient suffers from uncertainty about his or her gender identity or sexual orientation, which causes anxiety or depression. Most commonly this occurs in adolescents who are not certain whether they are homosexual, heterosexual or bisexual in orientation, or in individuals who, after a period of apparently stable sexual orientation (often within a longstanding relationship), find that their sexual orientation is changing. ·       F66.1: Egodystonic sexual orientation: The gender identity or sexual preference (heterosexual, homosexual, bisexual, or prepubertal) is not in doubt, but the individual wishes it were different because of associated psychological and behavioural disorders, and may seek treatment in order to change it. ·       F66.2: Sexual relationship disorder: The gender identity or sexual orientation (heterosexual, homosexual, or bisexual) is responsible for difficulties in forming or maintaining a relationship with a sexual partner. (World Health Organization, 2007)   Vediamo quindi come vengono considerate varie forme di disagio collegate al proprio orientamento sessuale, incluso l’orientamento sessuale egodistonico. In particolare è da notare la specificazione che viene fatta relativamente a quest’ultimo, laddove si precisa che l’individuo può desiderare che il proprio orientamento sessuale sia differente a causa di disturbi psicologici o comportamentali associati e per questo può chiedere un trattamento al fine di cambiarlo. In entrambi i manuali diagnostici ufficiali più utilizzati, l’orientamento sessuale egodistonico viene quindi considerato una disturbo mentale e, sebbene ci sia molto timore e riluttanza nei confronti delle terapie di cambiamento dell’orientamento sessuale, non è stata presa nessuna decisione ufficiale da parte degli Ordini professionali al fine di vietare questo tipo di intervento. Come visto precedentemente l’American Psychiatric Association, in una risoluzione del 2000 che amplia, ma non disconferma, una prima risoluzione del 1998, afferma: “[…] the American Psychiatric Association opposes any psychiatric treatment […] which is based upon the assumption that homosexuality per se is a mental disorder or based upon the a priori assumption that a patient should change his/her sexual homosexual orientation”, condannando quindi solo le terapie che considerano l’omosessualità una patologia per se e che, a priori, ritengono il cambiamento di orientamento sessuale il tipo di terapia da intraprendere. L’American Psychological Association, in una risoluzione del 1997 dice: “The Council of Representatives of the American Psychological Association (APA) has passed a resolution affirming four basic principles with regard to treatments to alter sexual orientation, so-called conversion or reparative therapies. These principles are: a) Homosexuality is not a mental disorder and the APA opposes all portrayals of lesbian, gay and bisexual people as mentally ill and in need of treatment due to their sexual orientation; b) Psychologists do not knowingly participate in or condone discriminatory practices with lesbian, gay and bisexual clients; c)  Psychologists respect the rights of individuals, including lesbian, gay and bisexual clients to privacy, confidentiality, selfdetermination and autonomy; d) Psychologists obtain appropriate informed consent to therapy in their work with lesbian, gay and bisexual clients.” In nessuno di questi principi si legge una condanna, ma l’espressione di una cautela relativa al timore che vi possa essere una discriminazione o un’imposizione da parte del terapeuta nei confronti del paziente. L’American Counseling Association, in un documento del 22 maggio 2006 (Ethical issues related to conversion or reparative therapy), fornisce delle linee guida per tutti i counsellor che decidono di intraprendere con il loro paziente un percorso di cambiamento dell’orientamento sessuale. Da questi documenti ufficiali è possibile notare come le maggiori associazioni americane di psichiatri, psicologi e counsellor non hanno vietato le terapie di cambiamento dell’orientamento sessuale, qualora egodistonico, ma hanno espresso dei timori e delle perplessità, ponendo dei chiari confini per chi decide di intraprenderle al fine di vedere rispettati i diritti ed i valori dei pazienti. La condanna è esclusivamente rivolta a tutte quelle terapie che considerano l’omosessualità una patologia in sé, e che considerano la “terapia riparativa” a priori come il tipo di trattamento da intraprendere. A tal proposito Cummings e O’Donohue (2005) ricordano che nel 2002 ci furono dei tentativi senza esito, da parte del Council of Representatives, di vietare, perché non etiche, le terapie per cambiare l’orientamento sessuale. In tale occasione, in una serie di lettere ai vari componenti dell’American Psychological Association, l’ex presidente Robert Perloff fece riferimento alla volontà di molti psicologi di calpestare i diritti al trattamento dei pazienti negli interessi della correttezza politica. Sottolineò che rendere quel tipo di trattamento non etico avrebbe deprivato un paziente della scelta del trattamento. Come afferma Spitzer (2003) la capacità di fare questa scelta dovrebbe essere considerate fondamentale per  l’autonomia e l’autodeterminazione del paziente. In modo ancora più specifico Haldeman (2002) afferma che, tenendo conto della distinzione tra identità religiosa ed orientamento sessuale, gli psicologi non hanno il diritto di interferire con il diritto dell’individuo di intraprendere il trattamento scelto. Questo in quanto le organizzazioni di salute mentale hanno adottato delle regole riguardanti le terapie di cambiamento dell’orientamento sessuale affermando il diritto dei pazienti LGB a trattamenti adeguati e rifiutando trattamenti basati sulla premessa che l’omosessualità sia un disturbo mentale trattabile. Ad ogni modo tali organizzazioni non hanno vietato completamente la pratica di tali terapie per quegli individui per i quali le proprie preoccupazioni religiose o spirituali possono assumere un valore prioritario rispetto all’orientamento sessuale. Tale approccio è possibile notarlo anche all’interno delle riviste scientifiche dove il tema del cambiamento di orientamento sessuale non viene aprioristicamente condannato ma, come suggerito dall’America Psychiatric Association, viene apertamente dibattuto in un clima di confronto (Haldeman, 1994; Cruiz, 1999; Shidlo e Schroeder, 2002; Haldeman, 2002; Throckmorton, 2002; Yarhouse e Throckmorton, 2002; Fortier e Julien, 2003; Ford e Hendrick, 2003; Jones e Botsko, 2003; Lasser e Gottlieb, 2004). In aggiunta alle indicazioni degli Ordini professionali prima menzionate, anche alcuni specialisti hanno elaborato delle indicazioni deontologiche per chi decide di intraprendere questo tipo di terapia. (Throckmorton, 1998, 2002; Yarhouse 1998a, 1998b; Shidlo & Schroeder, 2000). Ci auguriamo che anche in Italia sia possibile fare ricerca riguardo il tema della maturazione dell’orientamento sessuale, dell’orientamento sessuale egodistonico e della sua terapia. Questo anche tenendo conto che non è stato ancora definito, in maniera chiara ed univoca, quali siano i fattori alla base dello sviluppo dell’orientamento sessuale (D’Augelli, 1996; American Academy of Pediatrics, 2004; American Psychological Association, 2008; Association of Gay and Lesbian Psychiatrist, 2008; Molecular Genetic Study of Sexual Orientation, 2008; Patterson, 2008). Questo non potrà avvenire finché, come afferma Risè (2008), l’ascolto e l’accoglienza del dolore umano saranno vittima dell’ideologia che pretende di distinguere tra sofferenze “giuste”, ascoltabili, e sbagliate, inaccettabili. Come affermano Liotti e Tombolini (2006), “sarebbe […] paradossale se la storicamente assai faticosa e dolorosa conquista del diritto di vedere riconosciuto […] senza conflitti il proprio orientamento omosessuale dovesse essere pagata da alcune vittime di violenze sessuali e di storie drammatiche di attaccamento nell’infanzia (non importa quanto poco numerose) a un prezzo inaccettabile: vedere misconosciuta da terapeuti superficiali la propria ricerca di autenticità ed egosintonia nell’ipotesi di un cambiamento di uno stile di vita sessuale fino a quel momento imposto dalla natura e dalle conseguenze di traumi relazionali”. In considerazione di tutto ciò appare davvero superficiale la posizione espressa da alcuni rappresentanti dell’Ordini degli Psicologi: non è possibile liquidare la questione con dichiarazioni rilasciate sulla pressione di alcuni gruppi sociali, senza una adeguata riflessione scientifica. psichiatri oggi logo