10/12/2018

Gli snodi del Sinodo il tema dei migranti

Fonte: RomaSette del 02/12/2018 – Rubrica Pianeta giovani a cura di Tonino Cantelmi

Continuiamo ad esaminare il documento finale del Sinodo dei vescovi dedicato ai giovani. Nel capitolo secondo della prima parte si affrontano quelli che vengono definiti i tre “snodi cruciali”. Il primo, relativo alla novità dell’ambiente digitale, l’abbiamo riportato nel numero precedente di questa rubrica, apprezzandone la franchezza nella parte di denuncia, ma anche la proposta coraggiosa di accettare una sfida epocale come una autentica opportunità. Oggi ne affrontiamo un altro, il secondo “snodo”, piuttosto spinoso e di non facile accoglienza, dal titolo provocatorio, “i migranti come paradigma del nostro tempo”. Davvero i migranti possono essere considerati il “paradigma” del tempo di oggi? Siamo pronti a questo? Non neghiamolo: su politiche di autentica accoglienza dei migranti il consenso popolare (e anche delle nostre comunità) è davvero basso. Il punto 25 inizia con una affermazione durissima: «I fenomeni migratori rappresentano a livello mondiale un fenomeno strutturale e non un’emergenza transitoria». Si tratta di una consapevolezza alla quale spesso sfuggiamo: la migrazione è un fenomeno strutturale, non una emergenza, e come tale va trattata. In tempi di “prima gli italiani” e di altri slogan inneggianti alla chiusura e al rifiuto dell’accoglienza, questa affermazione spazza via un pregiudizio: la migrazione, in quanto evento strutturale, non può essere semplicemente ignorata, repressa ed impedita. Insomma atteggiamenti di pura opposizione sembrano perdenti e antistorici, anche se oggi generano una fascinazione prepotente. Il documento denuncia senza esitazione: «In alcuni Paesi di arrivo, i fenomeni migratori suscitano allarme e paure, spesso fomentate e sfruttate a fini politici. Si diffonde così una mentalità xenofoba, di chiusura e di ripiegamento su se stessi, a cui occorre reagire con decisione» (p. 26). Questo documento si rivolge alla Chiesa tutta, ma soprattutto ai giovani, più facilmente sensibili ad estremismi xenofobi, e ai loro educatori, chiamati a non avere tentennamenti nell’educare all’accoglienza. E per «reagire con decisione» occorre maturare una visione ottimistica: «Quelle dei migranti sono anche storie di incontro tra persone e tra culture: per le comunità e le società in cui arrivano sono una opportunità di arricchimento e di sviluppo umano integrale di tutti. Le iniziative di accoglienza che fanno riferimento alla Chiesa hanno un ruolo importante da questo punto di vista, e possono rivitalizzare le comunità capaci di realizzarle» (p. 27). Su questo, inutile negarlo, ci sono molte opposizioni, a volte irrazionali e fondate sulla paura, altre volte frutto delle difficoltà dei processi di integrazione. Per questo alla Chiesa e ai suoi giovani spetta un compito storico, che al tempo stesso «mette la Chiesa in condizione di esercitare un ruolo profetico nei confronti della società sul tema delle migrazioni» (p. 28).