19/05/2019

L’orrore di Manduria il vuoto degli adulti

Fonte: Romasette del 12/05/2019 - Pianeta Giovani

Non possiamo tacere. La vittima era una persona fragile, uno “scarto”, come direbbe Papa Francesco. A Manduria un branco di giovanissimi ha torturato per troppo tempo quello scarto, un uomo fragile e incapace di difendersi, sino alla morte. Tutti abbiamo letto la notizia. Tutti abbiamo giudicato quei ragazzi come troppo crudeli e troppo violenti, insultandoli crudelmente sui social; tutti siamo inorriditi, tutti ci siamo indignati per l’indifferenza dei tanti che sapevano e tacevano, tutti abbiamo valutato come orribile segno dei tempi i video con i quali gli stessi torturatori hanno ripreso le loro torture, inchiodandosi paradossalmente alle loro responsabilità; tutti abbiamo denunciato il deserto educativo in cui crescevano i baby criminali quando persino i magistrati hanno clamorosamente affermato che era meglio che rimanessero in carcere, vista l’incapacità educativa dei genitori. Analisi facili, stereotipate, già dette e fatte in altre occasioni del tutto simili. Il parroco, don Franco, ammette la responsabilità della comunità degli adulti di Manduria, ma in varie interviste abbozza qualche difesa, non sa spiegare come sia possibile che tutto sia avvenuto in modo così crudele e in tanta, troppa indifferenza. Una madre prova a giustificare il figlio: a Manduria i giovani non hanno luoghi di aggregazione sana, per lo più bar e tanta noia. Ma le farfuglianti parole del parroco e le mezze difese della madre non hanno retto all’onda di indignazione (ipocrita) dell’opinione pubblica. Crudeli torturatori, giovanissimi (6 minorenni e 2 neomaggiorenni), senza limiti, senza la capacità di provare un briciolo di compassione per una persona debole, circondati da adulti (famiglie, scuola, parrocchia, palestre) incapaci di incidere su di loro. Questo evento, troppo doloroso, ma non unico, evidenzia qualcosa di inquietante: la scellerata rinuncia ai limiti sul piano educativo e pedagogico ha costruito una generazione di giovanissimi incapaci di cogliere il senso del loro agire. Ma il dramma più inquietante è l’assoluta insignificanza degli adulti, anch’essi afflitti dalla perdita del limite, immersi in una “adultescenza” infinita. Assisteremo sempre più frequentemente ad episodi di crudeltà di ragazzini verso altri ragazzini e di ragazzini verso adulti e anziani. Ma inutile indignarsi contro i ragazzi: dobbiamo ripartire dagli adulti. Per educare i giovani dobbiamo ri–educare gli adulti. Abbiamo bisogno di adulti stabili, equilibrati, sereni, capaci di trasmettere autenticità e non abbiamo bisogno di adulti infantili, insignificanti, ipocriti, irresponsabili e pallidi simulacri di se stessi. Siamo noi adulti a doverci guardare allo specchio. La faccenda di Manduria denuncia la sconcertante eclissi dell’adultità. Fra poco i riflettori su Manduria si spegneranno (e chissà che resterà dopo nelle vite dei protagonisti), per riaccendersi sul prossimo caso di crudeltà e far ripartire il circo dell’indignazione.